Con la sentenza n. 18287/2018 le Sezioni Unite civili della Cassazione, intervenendo a dirimere un conflitto giurisprudenziale generatosi dopo che la sentenza n. 11504/2017 (sentenza “Grilli”) aveva escluso il parametro del “tenore di vita”, hanno chiarito a quali criteri bisogna fare ricorso per la determinazione dell’assegno di divorzio.
Si rammenta, infatti, che la predetta sentenza (risalente al maggio del 2017) aveva messo in discussione l’orientamento maggioritario che faceva riferimento – nella quantificazione dell’assegno divorzile – al principio del “tenore di vita goduto in costanza di matrimonio”.
Pertanto si era creato un passaggio dal criterio del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio a quello basato sull’indipendenza economica dell’ex coniuge.
Tale recente interpretazione è stata ribaltata dalla sentenza n. 18287/2018 in commento, con cui le SS. UU. hanno stabilito che in tema di assegno di divorzio, è necessario passare dal criterio della conservazione del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio a quello basato sull’indipendenza economica dell’ex coniuge. Gli Ermellini hanno precisato che all’assegno di divorzio deve attribuirsi una funzione “assistenziale, compensativa e perequativa” e, che, pertanto il criterio individuato si fonda “sui principi costituzionali di pari dignità e di solidarietà che permeano l’unione matrimoniale anche dopo lo scioglimento del vincolo”.
Infatti la sentenza sottolinea che “lo scioglimento del vincolo incide sullo status ma non cancella tutti gli effetti e le conseguenze delle scelte e delle modalità di realizzazione della vita familiare” e, dunque, “l’adeguatezza dei mezzi deve essere valutata non solo in relazione alla loro mancanza o insufficienza oggettiva ma anche in relazione a quel che si è contribuito a realizzare”.
Di conseguenza, deve essere adottato un “criterio composito” che – alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti ed in ossequio al testo originario dell’art. 5, co. 6 della Legge n. 898/1970 – prenda in considerazione il contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla conseguente formazione del patrimonio comune e personale. Tutto ciò in riferimento anche alla durata del matrimonio, alle future prospettive di reddito ed all’età dell’ex coniuge.
Pertanto, assume rilievo preminente il riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.
Anche in tema di onere della prova si assiste poi ad un inversione di rotta: è infatti l’ex coniuge che chiede l’assegno a dover provare di possedere i requisiti per ottenerlo.