Il diritto d’autore nell’era digitale: modifiche, ratio e dibattiti aperti a livello Europeo

Esiste un solo bene, la conoscenza, ed un solo male, l’ignoranza.

Socrate

Nell’era digitale, i limiti relativi alla tutela della Proprietà intellettuale rompono i loro argini territoriali e schemi nazionali, conformemente a una rinnovata modalità di fruizione e circolazione di opere, attività e beni immateriali da parte dell’intera comunità, a carattere transnazionale e improntato alla simultaneità.

Di recente tale concetto, intuitivamente percepibile, ha incontrato il favore di un’ampia eco mediatica in ragione del dibattito acceso attorno alle modifiche dettate dalla proposta di direttiva sul Diritto d’autore nell’ambito del mercato unico digitale, 2016/0280(COD), da parte dell’Unione Europea. 

In tale nuova panoramica digitale, difatti, gli utilizzi di contenuti protetti che esulano i confini nazionali sono cresciuti esponenzialmente e, per i fruitori delle opere dell’ingegno si spalancano continuamente nuove opportunità di accesso ai beni protetti da copyright.

La nuova information society, infatti, custodisce la propria essenza nello scambio continuo e incessante di dati, nello sviluppo delle informazioni, nonché nella circolazione di scritti, immagini, opere e programmi. In tale panorama, il Legislatore Europeo ha ravvisato il preciso dovere di trovare le soluzioni più appropriate che seguissero, e allo stesso tempo creassero, un alveo in cui veicolare e modulare il continuo evolversi dell’era tecnologica. 

La normativa già in vigore, in primis la Direttiva Europea del 2001 sul Diritto d’autore, alla luce di ciò risulta oramai obsoleta, e per l’effetto, inidonea a regolamentare i contenuti digitali, che allo stato dell’arte hanno eclissato quelli tradizionali.

Ratio ispiratrice della su estesa proposta di riforma è, pertanto, dettata dall’esigenza di contemperare, da una parte un meccanismo volto alla tutela della proprietà intellettuale e dei diritti patrimoniali ad essa connessi, e dall’altra, di rendere regolamentata e godibile la libera circolazione dei frutti dell’ingegno, a tutela del diritto di tutti godere delle opere intellettuali.

Il confronto e il conseguente dibattito, a livello europeo, si è concentrato in modo particolare sulla rielaborazione di due articoli, il numero 11 – inerente la “Protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo digitale” e il numero 13 della proposta di Direttiva Europea 2016/0280.

In modo particolare, i profili di maggior criticità sono stati rilevati in ragione dell’analisi di tale secondo testo.

A tenore letterale del succitato Art. 13 “Utilizzo di contenuti protetti da parte di prestatori di servizi della società dell’informazione che memorizzano e danno accesso a grandi quantità di opere e altro materiale caricati dagli utenti”, di fatto, l’Unione ha inteso dettare le linee guida al fine di forgiare delle misure – definite come “adeguate e proporzionate” – volte ad evitare la violazione del copyright, con attenzione particolare alle piattaforme online sulle quali transitano contenuti caricati direttamente dagli utenti.

Si richiede, per tale via, agli hosting providers che memorizzano e danno accesso a enormi quantità di contenuti digitali protetti da copyright direttamente caricati in rete dagli utenti, di adottare misure volte a garantire il funzionamento degli accordi conclusi con i titolari dei diritti ad essi sottesi e ad attuare efficaci sistemi affinché i servizi somministrati favoriscano la violazione delle norme poste a tutela del diritto d’autore. Ciò, attraverso un’attività di monitoraggio di quanto posto in essere dagli utenti/fruitori delle opere, attuato per il tramite di un vaglio dei contributi di volta in volta caricati, in modo tale da prevenire l’insorgere di condotte illecite.

Tale disegno, emendato a più riprese durante il lungo dibattito, ha visto, sin dagli albori, la nascita di due scuole di pensiero del tutto antitetiche. Supportate da diversi colossi, si scindono tra coloro che sostengono la libertà di espressione senza limiti – travalicando i diritti di chi produce contenuti (i quali, alla luce di tale scuola di pensiero, dovrebbero rimanere liberamente linkabili e condivisibili) – e coloro che, al contrario, vorrebbero regolamentare l’utilizzazione e lo scambio delle opere autoriali, fornendo così ampia copertura alle figure professionali coinvolte nella realizzazione di un’opera, ma, al tempo medesimo, in detrimento della qualità dell’informazione nonché di accesso alla medesima per gli utenti, attraverso la limitazione del linking.

Allo stato dell’arte, nonostante l’aspro dibattito politico, sociale e le consistenti campagne web, nonché le lobby di schieramenti, gli Stati membri del Consiglio dell’Unione Europea non sono riusciti a concordare una posizione comune sui due articoli più contestati, l’11 e il 13.

In ultima analisi, ad ulteriore beneficio di trattazione, rimane ben chiaro il fatto che il prodotto di questo lungo e sofferto iter legislativo, sfocerà in una Direttiva Europea, atto che, per propria intrinseca natura, stabilisce un obiettivo, un risultato al quale i Paesi Membri debbono allinearsi. Tuttavia, spetterà ai singoli Stati destinatari definire, attraverso disposizioni nazionali, come tali obiettivi vadano raggiunti.

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