La mia esperienza con il Cyberbullismo

Dopo aver tanto letto, studiato, tentato di comprendere il fenomeno del quale si discute di frequente, relativo al Cyberbullismo, ho evidenziato un punto focale, all’interno della mia esperienza di vita.

Di esserne stata, da giovane, vittima inconsapevole, ma, al tempo stesso, prediletta.

All’epoca – chiaramente – la fattispecie umiliante e vessatoria non aveva nulla di “cyber”, non essendo ancora in uso gli strumenti odierni di comunicazione intensiva e di massa, ma sicuramente molto di “bullismo”.

Non desidero e non possiedo gli strumenti necessari per affrontare la tematica sotto il profilo squisitamente emotivo o psicologico, rendendomi ben conto di quanto sia difficile creare una corazza e lavorare per ispessirla di giorno in giorno, di fronte a tali angherie. Il presente scritto, pertanto, vuole semplicemente fornire una chiave di lettura strettamente giuridica del fenomeno, al fine di promuovere la consapevolezza circa l’esistenza di un sistema organizzato ed efficiente di tutela delle vittime.

A ben vedere, il cyberbullismo si configura come una forma di prepotenza / violenza / umiliazione / vessazione, attuata mediante l’utilizzo delle tecnologie digitali. Al pari del proprio antesignano, il bullismo tradizionale, è una tipologia di prevaricazione e di oppressione per lo più reiterata nel tempo, posta in essere da una persona singola o da un gruppo di persone, di norma auto-incoronatesi come “più potenti” nei confronti di un altro soggetto identificato come più debole, in genere all’interno di un gruppo di pari.

Ora, poiché ius est ars boni et equi, non v’è chi non veda come il diritto stesso sia in grado, in quanto sistema, di rendersi, in maniera duttile e malleabile, adeguato a tutelare fattispecie che, con repentina baldanza, si affacciano a rendere gravosa e complessa l’esistenza del singolo.

La L. n°71/2017 “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”

Lucida e sintetica definizione del fenomeno è da ravvisarsi nella L. 29 maggio 2017 n°71, la quale, all’art. 1 comma 2, così descrive: “Ai fini della presente legge, per «cyberbullismo» si intende qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o piu’ componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”.

Le condotte molteplici riconducibili al fenomeno patologico, pertanto, pur non integrando una figura autonoma di reato, nel nostro ordinamento, sono suscettibili di una pluririlevanza sotto un profilo penalistico, con ciò fornendo un ampio sistema di tutela per la vittima, sia in sede penale che civile, prestandosi le condotte reiterate nel tempo ad essere sussunte nell’alveo di diverse tipologie di reati.

Alla luce della ratio di fornire una sorta di vademecum asettico, per tutelarsi e tutelare soggetti terzi dall’imperversare di tele fenomeno, scevra da qualsivoglia considerazione e giudizio, procederei – in primis – ad enucleare i punti sostanziali nei quali si appronta una “difesa immediata” della vittima di tali comportamenti antigiuridici, predisposti dalla legge succitata.

  1. Rinnovamento ed implemento del ruolo dei diversi attori del mondo della scuola italiana (MIUR, Istituti Scolastici, Corpo docenti) nella promozione di attività preventive e pedagogiche, nonché di strategie coordinate di attenzione, tutela ed educazione nei confronti dei minori coinvolti, sia nella posizione di vittime sia in quella di responsabili di illeciti.
  2. Formazione specifica del personale scolastico sulla tematica e successiva individuazione, all’interno del Corpo Docenti, di un referente con il compito di coordinare le iniziative di prevenzione e di contrasto del cyberbullismo.
  3. Possibilità per il minore ultraquattordicenne vittima di tali abusi di inoltrare al titolare del trattamento dei Dati personali o al gestore del sito internet un’istanza per l’oscuramento, la rimozione o il blocco dei contenuti denigratori diffusi. Ove entro 24 ore il gestore non provveda, l’interessato può rivolgere analoga richiesta al Garante per la protezione dei dati personali (cyberbullismo@gpdp.it) che rimuoverà i contenuti lesivi entro 48 ore.
  4. Viene, altresì, estesa alla condotta vessatoria o denigratoria attuata tramite sistemi telematici la procedura di ammonimento prevista in materia di stalking (Art. 612-bis c.p.). In caso di condotte di diffamazione (Art. 595 c.p.), minaccia (Art. 612 c.p.) e trattamento illecito di dati personali (Art. 167 del Codice della Privacy) commessi mediante le nuove tecnologie da minori ultraquattordicenni nei confronti di altro minorenne, è applicabile la procedura di ammonimento da parte del questore, in assenza di querela.

Brevi cenni in materia di responsabilità penale

Presa, pertanto, coscienza delle principali innovazioni introdotte dal legislatore e, per tale via, dei sistemi di protezione immediati forniti dalla normativa sopra citata, ritengo sia utile tratteggiare a quale rubrica possano essere sussunti determinati comportamenti illeciti attuati tramite l’utilizzo delle odierne tecnologie, alla luce dell’ampliamento della platea dei soggetti potenzialmente coinvolti nelle vicende.

  • Diffamazione aggravata (Art. 595 – comma 3 c.p.), la norme incriminatrice prevede la punibilità di chiunque offenda l’altrui reputazione. La pena cui soggiace l’autore è aggravata ove, ex 3° comma, la condotta di diffusione del messaggio lesivo sia realizzata mediante mezzi idonei a raggiungere una quantità di persone potenzialmente rilevante (c.d. flaming su pagine Facebook, blog, Instagram);
  • Cyberstalking (Art. 612 bis c.p.): atti persecutori commessi attraverso l’utilizzo di strumenti informatici o telematici, posti in essere mediante condotte reiterate, tali da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di timore nel perseguitato, ovvero da costringere il destinatario dei medesimi a variare le proprie abitudini di vita;
  • Sostituzione di persona (Art. 494 c.p.): integra la presente fattispecie, richiamata espressamente anche dalla L. 71/2017, la condotta di colui che, “al fine di procurare a se o ad altri un vantaggio, ovvero di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a se o ad altri un falso nome, un falso stato ovvero una falsa qualità”. La norma in analisi prevede due modalità di falsificazione alternative, ciascuna da sola idonea ad integrare la fattispecie. La prima, infatti, si concretizza nel sostituirsi in toto ad un’altra persona; la seconda nell’attribuirsi un falso nome, un falso stato ovvero qualità inesistenti. La Cassazione, a più riprese, ribadisce con veemenza il fatto che tale condotta, ove estrinsecata tramite l’utilizzo di un Social network, sia idonea alla rappresentazione di una identità digitale non corrispondente al soggetto che la utilizza e, per ciò stesso, suscettibile di essere punita con le pene previste ex Art. 494 c.p.;
  • Alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni 
  • Minaccia (Art. 612 c.p.): ratio della norma incrimatrice è tutelare la libertà psichica o morale del soggetto dalle intimidazioni altrui che prospettano un danno ingiusto. Anche tale condotta può essere attuata per il tramite di un Social network;
  • Violenza privata (Art. 610 c.p.): la norma, sussidiaria rispetto alle ipotesi precedentemente delineate, mira a tutelare la libertà morale, reprimendo atteggiamenti coercitivi dell’altrui volontà non contemplati in altre norme.

Lungi da me, pertanto, voler effettuare una dissertazione giuridica di ampio tenore speculativo mediante questo articolo, di evidente intento informativo, è mia premura unicamente sottolineare il fatto che talune condotte, sebbene viste come “normali” o “tollerabili” dalle vittime, all’interno di uno spazio virtuale nel quale tutto appare come dilatato, lecito, concesso, possano agevolmente essere sussunte nell’alveo di fattispecie delittuose, con conseguente punibilità dell’autore delle medesime.

Brevissime riflessioni circa la responsabilità civile in materia di Cyberbullismo

Alla luce di quanto premesso, posta la doverosa analisi in ordine alla punibilità dell’autore della condotta, si configura anche in sede civile una responsabilità del cyberbullo maggiorenne (Art. 2043 c.c.) e, qualora minorenne, dei genitori, ex Art. 2048 c.c., al risarcimento del danno non patrimoniale patito dalla vittima e dai suoi familiari.

Qualora, invece, gli atteggiamenti vessatori siano compiuti all’interno delle istituzioni scolastiche, passibili di responsabilità civile potranno essere anche gli insegnanti e i dirigenti scolastici (Art. 2048 c.c., 2° comma).

Giusto quanto sinteticamente esposto, non v’è chi non veda come strumenti atti a contrastare il fenomeno in esame siano senza dubbio consistenti, esistenti ed efficaci. E’, per tale via, preciso obbligo dell’operatore del diritto, a mio sommesso avviso, rendere gli stessi fruibili dalla comunità mediante una costante e continuativa attività di aggiornamento ed informazione, al fine di contribuire ad evitare che fatti di cronaca come quelli oramai notori che dilagano sui quotidiani siano sempre meno frequenti.

 

Avv. Lavinia Scannerini

 

2 commenti

  1. Precisa, sintetica e molto formativa. Da mamma questo fenomeno mi spaventa in quanto mi sento ignara delle dinamiche e di conseguenza impotente.
    Grazie

    • Speriamo sempre di essere utili e di contribuire per quello che possiamo alla diffusione di informazioni proficue.
      Grazie mille per il tuo contributo!

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