Il prezzo dell’imprudenza: brevi note sull’omicidio stradale

Chi può dire di non essersi mai messo alla guida dopo aver bevuto un paio di innocui drinks con gli amici oppure dopo qualche brindisi di troppo in un pranzo tra parenti?

Eppure, tale condotta è suscettibile di esporre ad un rischio molto più elevato l’incolumità personale del conducente e di altri soggetti potenzialmente coinvolti (pedoni, automobilisti, etc.) ed ha generato, per tale via, l’esigenza del Sistema di adottare rimedi repressivi rigidi e cogenti, al fine di ridurne gli effetti altamente lesivi.

Ebbene, lungi dal voler fornire alcun ovvio insegnamento o buon esempio sul rispetto delle basilari norme del Codice della Strada e sull’opportunità di mettersi alla guida in uno stato “alterato”, in questo articolo cercheremo di approfondire l’aspetto legato ai rischi e le pene correlate a tali condotte, culminanti astrattamente nei reati di “omicidio stradale” o di “lesioni personali stradali”.

Occorre preliminarmente rilevare che tali fattispecie sono state introdotte dalla Legge n. 41/2016 la quale, per la precisione, ha previsto – nell’ambito dei delitti contro la persona – due tipologie autonome di reato: l’omicidio colposo stradale (art. 589-bis cod. pen.) e le lesioni personali stradali gravi o gravissime (art. 590-bis cod. pen.).

Pertanto, la novella legislativa non ha soltanto introdotto il reato colposo di omicidio stradale ma ha inasprito anche le altre pene relative alle procurate lesioni personali stradali.

L’elemento psicologico che caratterizza questo reato è la colpa. A tal proposito, anche per i soggetti poco inclini alle materie giuridiche, occorre fare un rapido cenno al “caso di scuola” relativo all’annosa distinzione tra dolo eventuale (o indiretto) e colpa cosciente (ossia, una colpa “aggravata”).

Non me ne vogliano i giuristi, ma è il caso, soprattutto per i “non addetti ai lavori”, di rammentare in termini estremamente generici (nonché riduttivi) che il “dolo” presuppone la volontarietà del soggetto nel commettere il reato, mentre la “colpa” esclude che il soggetto agisca con l’intenzione specifica di commettere il reato.

Pertanto, per quanto attiene alla materia trattata, possiamo limitarci a rilevare che nel reato commesso con colpa cosciente non c’è volontarietà nel provocare l’evento (morte o lesioni), pur se sia ravvisabile nell’agente il rischio della sua verificazione. Al contrario, si ha dolo (eventuale o indiretto) qualora il soggetto accetti l’eventualità di cagionare la morte o le lesioni come conseguenza della propria condotta contraria alle norme del Codice della Strada.

In termini estremamente sintetici, si può affermare che l’elemento che funge da spartiacque tra colpa cosciente e dolo eventuale risiede nell’accettazione del rischio di verificazione dell’evento morte (o lesioni).

Dunque, se da un lato la nuova normativa pare abbia voluto escludere automaticamente la riconducibilità della fattispecie in esame all’omicidio doloso, dall’altro non può escludersi che, in determinate situazioni, la condotta di guida del conducente in stato di ebbrezza o sotto l’azione di sostanze stupefacenti possa configurare il dolo eventuale, allorché il medesimo conducente, abbia accettato il rischio di verificazione dell’evento quale risultato della sua azione posta in essere in stato alterato. Non a caso, in analoghe circostanze la Cassazione ha condannato l’imputato per omicidio volontario sorretto da dolo eventuale.

Ciò premesso, è possibile tracciare – a grandi linee – il perimetro della predetta norma nel modo seguente.

A) Innanzitutto, vengono confermate le fattispecie “generiche” di reato colposo correlato alla violazione di norme del Codice della Strada. Pertanto:

  • se la morte è conseguenza delle violazioni del Codice della Strada, la pena è della reclusione da 2 a 7 anni;

  • ove alle predette violazioni non consegua la morte ma soltanto lesioni personali la pena è la reclusione da 3 mesi ad 1 anno in caso di lesioni gravi e da 1 a 3 anni per lesioni gravissime.

B) Se il reato è commesso da un soggetto alla guida sotto effetto di stupefacenti o in stato di ebbrezza grave (con un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro), si avrà:

  • in caso di morte la pena alla reclusione da 8 a 12 anni;

  • in caso di lesioni personali, si rischia la reclusione da 3 a 5 anni per le lesioni gravi e da 4 a 7 anni per le lesioni gravissime.

C) Se il reato è commesso da un soggetto alla guida in stato di ebbrezza alcolica media ossia, più “lieve” (tasso alcolemico oltre 0,8 grammi per litro), si avrà:

  • in caso di morte la pena alla reclusione da 5 a 10 anni;

  • in caso di lesioni personali, si rischia la reclusione da 1 anno e 6 mesi a 3 anni per le lesioni gravi e da 2 a 4 anni per le lesioni gravissime

  • parimenti, sono previste le medesime pene (reclusione da 5 a 10 anni in caso di morte; 1 anno e 6 mesi a 3 anni per le lesioni gravi e da 2 a 4 anni per le lesioni gravissime), qualora il reato sia avvenuto in presenza di specifici comportamenti connotati da imprudenza (superamento di limiti di velocità, attraversamento di incroci con semaforo rosso; circolazione contromano; inversione di marcia in prossimità o in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi; sorpassi in corrispondenza di un attraversamento pedonale o di linea continua). La pena è aumentata nel caso in cui il conducente non abbia conseguito la patente (oppure guidi con patente sospesa o revocata) oppure qualora il veicolo sia sprovvisto di assicurazione obbligatoria.

Nell’ipotesi di omicidio stradale che provochi la morte di più persone ovvero nel caso in cui vengano cagionate lesioni personali a più persone, il limite massimo di pena stabilito è di 18 anni nel caso di morte e di 7 anni nel caso di lesioni personali.

Ne deriva che, tanto l’omicidio stradale quanto il reato di lesioni personali stradali, risultano aggravati se commessi in stato di ebbrezza o sotto effetto di droghe.

Inoltre, bisogna tenere bene a mente che nel caso in cui il conducente si dia alla fuga, ponendo in essere, altresì, un’omissione di soccorso, le pene suddette potranno essere aumentate fino a due terzi (artt. 589-ter e 590-ter cod. pen.) e, comunque, non inferiori a 5 anni di reclusione (in caso di morte) e a 3 anni (nel caso di lesioni).

Pertanto, è sempre altamente sconsigliato allontanarsi in preda al panico dal luogo dell’accaduto senza sincerarsi delle condizioni della vittima e senza avvertire i soccorsi, sia per evidenti ragioni di opportunità etica sia per le gravi ripercussioni che una siffatta condotta omissiva può generare.

Peraltro, gli effetti nefasti non si riducono a quanto precedentemente descritto ove si consideri che, nei casi di condanna o patteggiamento, vengono applicate anche delle sanzioni accessorie che riguardano  la revoca della patente che potrà essere conseguita solo trascorsi diversi anni, a seconda dei casi.

A ben vedere, si tratta di pene molto severe che dovrebbero servire da deterrente oltre che suggerire una doverosa riflessione sulle conseguenze delle proprie azioni, troppo spesso sottovalutate.

Inoltre, cosa molto rilevante, si evidenzia che sono stati raddoppiati i termini di prescrizione per l’omicidio stradale.

Ma ATTENZIONE ad un aspetto molto importante, a volte non opportunamente considerato. Anche il pedone, che spesso è “parte debole” nella circolazione nonché troppo spesso vittima di incidenti stradali, è passibile di imputazione per il reato di omicidio stradale.

Ciò è accaduto, ad esempio, in alcuni casi di cronaca che hanno visto coinvolti alcuni pedoni, i quali, attraversando sulle strisce pedonali con semaforo rosso, avevano cagionato la morte di motociclisti. Tali decessi erano avvenuti a seguito dell’impatto stesso con il pedone, oppure in conseguenza delle manovre effettuate al fine di evitare l’investimento.

In tali casi emblematici, tanto paradossali quanto realistici, si è assistito al rinvio a giudizio del pedone, il quale, in violazione di norme del Codice della Strada, avrebbe dato causa colposamente all’evento morte del conducente.

Pertanto, l’invito sempre attuale è quello di prestare la massima attenzione anche in veste di pedone, oltre che per la propria incolumità (essendo esposti ad un rischio fisico maggiore), anche per evitare di essere responsabili di incidenti talvolta mortali conseguenziali alla propria condotta imprudente.

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