Licenziamento senza preavviso col contratto a tempo indeterminato – 8 domande cruciali con risposta che ti aiutano subito!

Di Nomos Law Firm

Molti di voi da tempo ci scrivono a Nomos Law Firm che sono stati licenziati col contratto a tempo indeterminato senza nessun preavviso

Ora

Proprio per questo abbiamo creato appositamente questa guida per rispondere a tutti i tuoi eventuali dubbi che hai al riguardo e a tutto quello che devi sapere sul contratto a tempo indeterminato ed eventuale licenziamento

Partiamo col rispondere subito alle domande che ci avete posto!

Licenziamento senza preavviso con contratto a tempo indeterminato

Preliminarmente, è opportuno rammentare che il licenziamento è un istituto giuridico che provoca la cessazione del rapporto di lavoro. In particolare, tramite il licenziamento il datore di lavoro recede in maniera unilaterale dal rapporto di lavoro con un proprio dipendente. 

Quando, invece, è il lavoratore a recedere dal rapporto contrattuale si parla di dimissioni.

Quali sono le caratteristiche del contratto a tempo indeterminato?

In linea generale, si tratta di un contratto mediante il quale il lavoratore si impegna, a fronte di una retribuzione, a prestare il proprio lavoro subordinato a favore del datore di lavoro in assenza di una data di scadenza prestabilita. 

Comunemente, tale contratto è redatto in forma scritta e deve contenere gli elementi che qualificano e regolano il rapporto di lavoro, come ad esempio: inquadramento contrattuale (ossia, la qualifica e il livello del lavoratore); mansioni svolte dal lavoratore; data di decorrenza del contratto; importo della retribuzione; orario e luogo di lavoro; permessi e ferie; periodo di prova eventuale; termini di preavviso in caso di recesso; etc.. 

Nella maggior parte dei casi, ogni rapporto di lavoro viene regolato in base alle disposizioni dei diversi CCNL (Contratti Collettivi Nazionali del Lavoro) di categoria che disciplinano, in riferimento ad ogni settore aziendale, le condizioni e gli altri elementi che i contratti individuali devono contenere. 

E’ possibile visionare il fac-simile di un contratto di lavoro a tempo indeterminato al seguente link

Chi ha un contratto a tempo indeterminato può essere licenziato?

Se è vero che nel contratto a tempo indeterminato il datore di lavoro ha la possibilità di licenziare il lavoratore, interrompendo così il rapporto di lavoro, è altrettanto vero che il licenziamento del dipendente – affinché sia legittimo – può avvenire solo in presenza di una giusta causa o di un giustificato motivo (oggettivo o soggettivo).  

Nello specifico, si ha giusta causa  quando il lavoratore pone in essere comportamenti negativi o azioni talmente gravi da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro. 

Invece, in relazione al licenziamento per  giustificato motivo, esso può essere dettato da:

  • un motivo oggettivo, cioè legato all’attività dell’azienda e alla sua organizzazione e funzionamento (giustificato motivo oggettivo);
  • un motivo soggettivo, cioè causato dall’inadempimento dei propri obblighi contrattuali da parte del lavoratore ma con una minore gravità rispetto alle motivazioni che sorreggono la giusta causa (giustificato motivo soggettivo).

In tutti i casi suesposti si tratta di licenziamento disciplinare.

Mentre nel primo caso, ossia in quello del licenziamento per giusta causa, il lavoratore può essere licenziato senza preavviso, nel caso di giustificato motivo è previsto l’obbligo di preavviso. 

Inoltre, è consentito il licenziamento senza preavviso anche durante il periodo di prova, purché il periodo di prova non sia stato così breve da impedire una idonea valutazione della capacità lavorativa del lavoratore, oppure nel caso di licenziamento per motivi discriminatori.

Quando è permesso il licenziamento senza preavviso?

Innanzitutto è bene evidenziare cosa prevede il Codice Civile in merito alla disciplina del preavviso, che – lo si ribadisce – vale unicamente per i contratti a tempo indeterminato. 

In tale direzione, ai sensi dell’art. 2118 cod. civ., ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato dando preavviso all’altra parte nei termini e nei modi stabiliti dai contratti collettivi, dagli usi o secondo equità. 

Ne deriva che, anche quando la risoluzione del rapporto di lavoro avvenga su iniziativa del datore di lavoro, lo stesso è tenuto a comunicare al lavoratore il licenziamento rispettando il periodo di preavviso determinato dalla normativa di riferimento. 

Pertanto, il preavviso si sostanzia come il periodo obbligatorio previsto dalla normativa che deve intercorrere tra la comunicazione del licenziamento e la sua efficacia.

Come abbiamo appena ricordato è consentito il licenziamento del dipendente senza obbligo di preavviso solo durante il periodo di prova oppure in presenza di giusta causa. Al contrario, ciò non è possibile in caso di licenziamento per giustificato motivo, sia esso di carattere oggettivo o soggettivo.

Nel caso di licenziamento per giusta causa, la cessazione del rapporto lavorativo avviene “in tronco” (ossia, con effetto immediato) e, dunque, a seguito della sua comunicazione, il lavoratore non deve più presentarsi sul posto di lavoro e non ha diritto a percepire l’indennità sostitutiva del preavviso. Ciò è motivato dalla particolare gravità del comportamento del dipendente che fa venire meno le tutele riconosciute dalla normativa giuslavorista negli altri casi di cessazione del rapporto di lavoro.

Tuttavia, anche in questo caso, il datore di lavoro è tenuto a comunicare il licenziamento dopo aver esperito la procedura prevista, dall’art. 7 della L. n. 300/70, per i licenziamenti disciplinari.

Le stesse valutazioni valgono anche nel caso di dimissioni rassegnate dal lavoratore, il quale, dunque, ha anche egli la possibilità di interrompere con effetto immediato e senza dare preavviso il rapporto contrattuale durante il periodo di prova oppure qualora sussista una giusta causa (per gravi inadempienze del datore di lavoro). In questo caso, oltre a non rischiare di dover corrispondere l’indennità di mancato preavviso, il dipendente non perde neanche il diritto alla Naspi. 

Cosa succede se non si da il preavviso di licenziamento?

Come abbiamo visto, al datore di lavoro è consentito licenziare il dipendente senza preavviso solo in presenza di giusta causa oppure nel caso di lavoratore in prova. In tutti gli altri casi, a mente dell’art. 2118 cod. civ.,  il datore di lavoro è tenuto a comunicare il preavviso di licenziamento al lavoratore. In mancanza, sarà dovuto un importo a titolo di “indennità di preavviso”. 

La normativa  prevede che la durata del preavviso è determinata dagli usi o secondo equità ma in realtà sono i Contratti Collettivi di Lavoro a determinare la durata del periodo di preavviso che può variare a seconda della categoria del dipendente, del suo inquadramento e dell’anzianità di servizio. 

Al di là dei casi specifici previsti dalla legge in cui al datore di lavoro è consentito procedere al licenziamento senza preavviso, qualora il datore di lavoro proceda a risolvere il rapporto lavorativo senza rispettare il periodo di preavviso è tenuto a corrispondere in busta paga una specifica “indennità sostitutiva”. Ciò avviene sia nel caso in cui il dipendente accetti il recesso immediato sia nel caso in cui non vi sia il consenso del lavoratore. 

Parimenti, qualora sia il dipendente a dimettersi senza osservare il preavviso questi sarà tenuto a rifondere un’indennità al datore di lavoro. In tal caso, infatti, l’azienda è legittimata a decurtare – solitamente nell’ultimo cedolino stipendiale – un importo pari alla retribuzione che avrebbe dovuto versare al dipendente nel suddetto periodo, se regolarmente lavorato. 

Come funziona il licenziamento nel contratto a tempo indeterminato?

Sia in presenza di giusta causa o di giustificato motivo, il licenziamento deve essere motivato e deve essere comunicato al lavoratore in forma scritta. Inoltre, il provvedimento deve contenere i motivi del licenziamento. 

Il licenziamento può essere impugnato entro 60 giorni a partire dal momento in cui il lavoratore riceve la comunicazione del licenziamento. Entro il termine di sessanta giorni, dunque, il lavoratore deve inviare all’imprenditore una comunicazione con la quale rende noto che intende contestare il licenziamento.

Affinché l’impugnazione del licenziamento si consideri efficace, nei successivi 180 giorni il lavoratore dovrà depositare un ricorso presso il Tribunale, Sezione Lavoro, o comunicare al datore di lavoro la richiesta di un tentativo di conciliazione presso la Direzione Territoriale del Lavoro competente per territorio. In quest’ultimo caso, se il datore di lavoro si rifiuta di tentare la conciliazione oppure non si raggiunge un accordo, il lavoratore dovrà comunque presentare il ricorso al giudice nei successivi 60 giorni dall’espresso rifiuto o dall’accordo non raggiunto 

Se il giudice dichiara illegittimo o annulla il licenziamento, oppure ne dichiara la nullità, ordina al datore di lavoro di reintegrare il dipendente nel posto di lavoro e riconoscere un’indennità risarcitoria in relazione alle diverse tipologie di tutele garantite dal Jobs Act del 2015, le quali variano in base alle differenti forme di licenziamento illegittimo e alla struttura aziendale. 

Al datore di lavoro è consentito evitare il giudizio di impugnazione del licenziamento, procedendo alla revoca del licenziamento entro 15 giorni dalla comunicazione dell’impugnazione del licenziamento stesso.

Quanto costa al datore di lavoro licenziare un dipendente?

Nei casi in cui il licenziamento di un dipendente dia diritto all’indennità di disoccupazione, il datore di lavoro dovrà versare un contributo allo Stato, noto come “ticket NASpI”. Tale importo serve a finanziare l’assegno di disoccupazione che l’INPS eroga a chi perde il posto di lavoro in maniera incolpevole. 

L’INPS con la Circolare n. 137 del 17 settembre 2021, ha chiarito che – in caso di licenziamento individuale – la base di calcolo per il ticket corrisponde al 41% del massimale mensile di NASpI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni. 

In caso di rapporti di lavoro inferiori a dodici mesi l’importo è da ridurre in proporzione al numero di mesi lavorati (intesi come periodo di almeno 15 giorni).

Si rivolgeva a Nomos Law Firm la Sig.ra M.P. che, nonostante un regolare contratto di lavoro a tempo indeterminato, non riceveva le retribuzioni dovute da diversi mesi.

Dopo i primi colloqui con l’Assistita, gli Avvocati di Nomos Law Firm procedevano immediatamente ad inviare una lettera di diffida e messa in mora, invitando il datore di lavoro a effettuare immediatamente i pagamenti dovuti.

Questo tentativo, però, non aveva alcun seguito.

Pertanto, per garantire alla nostra Assistita di percepire almeno la NASPI (la cosiddetta indennità di disoccupazione), lo Studio predisponeva le dimissioni per giusta causa della lavoratrice, comunicando immediatamente tale circostanza all’INPS.

Questo passaggio si è reso necessario in quanto il datore di lavoro, non solo non corrispondeva le retribuzioni da alcuni mesi, ma nemmeno procedeva a licenziare la nostra Assistita, determinando così una situazione di stallo che non le consentiva nemmeno di poter accedere all’indennità di disoccupazione.

Infatti, come noto, la NASPI viene erogata al lavoratore solo in caso di involontaria interruzione del rapporto di lavoro, quindi solo nelle ipotesi di licenziamento da parte del datore oppure, appunto, di dimissioni volontarie per giusta causa.

Nel caso di specie la giusta causa delle dimissioni corrispondeva alle retribuzioni non pagate da parte del datore di lavoro.

In seguito, una volta ottenuta la NASPI, lo Studio procedeva a depositare ricorso per decreto ingiuntivo, chiedendo al Giudice di ingiungere al datore di lavoro le somme non pagate a favore della nostra Assistita (più di 30.000,00 €).

Il giudice emetteva il decreto ingiuntivo riconoscendo in toto le ragioni della Sig.ra M.P., ma l’Azienda si opponeva in maniera del tutto strumentale, determinando così un inutile allungamento dei tempi.

Nonostante ciò, lo Studio vinceva la causa di opposizione a decreto ingiuntivo, ottenendo non solo la somma dovuta con tutti gli interessi, ma anche la condanna dell’Azienda per responsabilità processuale aggravata, avendo essa iniziato un giudizio del tutto inutile e strumentale finalizzato solo a ritardare il momento del pagamento.

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