Il mio datore di lavoro non mi paga – 4 cose che devi assolutamente sapere!

Di Nomos Law Firm

Uno dei principali obblighi del datore di lavoro è quello di corrispondere al lavoratore, nel rispetto delle scadenze previste, la retribuzione stabilita dal contratto individuale di lavoro, per come individuata dal contratto collettivo nazionale di categoria.

Trattandosi di un elemento essenziale dal rapporto di lavoro, la sua omessa corresponsione, o anche il solo ritardo, determina una serie di conseguenze assai rilevanti per il datore di lavoro inadempiente.

Come recuperare i soldi da un datore di lavoro?

In questi casi si può procedere in diversi modi:

  • Tentativo stragiudiziale: si procede tramite l’invio di una diffida e messa in mora attraverso la quale il lavoratore chiede formalmente al proprio datore di lavoro di effettuare il pagamento dovuto entro un termine. È fondamentale che tale comunicazione venga inviata attraverso sistemi che consentano di ottenere la prova dell’avvenuta consegna (lettera raccomandata con ricevuta di ritorno; PEC).
  • Tentativo di conciliazione in Ispettorato del Lavoro: il lavoratore in alternativa può rivolgersi all’Ispettorato del lavoro territorialmente competente, avviando la procedura di conciliazione che si svolgerà davanti ai funzionari incaricati.

In caso di esito positivo della procedura verrà redatto verbale al quale sarà possibile apporre la formula esecutiva. Ciò significa che, qualora il datore continui ad essere inadempiente, e quindi non provveda a pagare quanto dovuto, sarà possibile agire in via esecutiva attraverso il precetto e poi il successivo pignoramento dei beni fino al raggiungimento della somma dovuta.

Purtroppo questa soluzione, nonostante sulla carta sia la più Decreto ingiuntivo: in alternativa alle due precedente soluzioni, il lavoratore può depositare ricorso per decreto ingiuntivo dinanzi al Giudice del lavoro territorialmente competente.

Si tratta di provvedimento emesso dal Giudice mediante il quale viene ordinato al datore di lavoro di pagare le somme dovute e calcolate secondo le buste paga allegate al ricorso. Avverso tale decreto il datore di lavoro può proporre opposizione e in tal caso avrà inizio un procedimento ordinario;

  • Dimissioni per giusta causa: il lavoratore, qualora il datore ritardi il pagamento della retribuzione dovuta, può rassegnare le dimissioni per giusta causa. In questo caso, contrariamente a quanto generalmente previsto, il lavoratore può recedere dal rapporto di lavoro senza rispettare il termine di preavviso contrattualmente previsto.
    Inoltre le dimissioni per giusta causa lasciano intatto il diritto di lavoro di accedere alla Naspi.
  • Accesso al fondo di garanzia dell’INPS: una volta ottenuto il titolo esecutivo (ad esempio un decreto ingiuntivo non oggetto di opposizione oppure un verbale di conciliazione raggiunto in sede di Ispettorato Territoriale del Lavoro), in caso di perdurante inadempimento del datore di lavoro si potrà procedere in via esecutiva per recuperare il proprio credito.

Tuttavia qualora il datore sia insolvente, cioè non abbia alcuna disponibilità economica, il lavoratore potrà accedere al fondo di garanzia dell’INPS.


Detto fondo, a determinate condizioni, consente di recuperare le ultime tre mensilità ed il Trattamento di Fine Rapporto non percepiti.


Per esempio, se il datore di lavoro è assoggetto alle procedure concorsuali (fallimento, concordato preventivo o fallimentare) il Fondo di Garanzia dell’INPS interviene in favore del lavoratore quando:

  • viene meno il rapporto di lavoro;
  • è stato accertato lo stato di insolvenza con apertura di una procedura concorsuale;
  • è stata accertata l’esistenza del credito per TFR e ultime tre mensilità di stipendio/salario.

Quanti giorni può ritardare lo stipendio?

Molti nostri Assistiti ci pongono questa domanda, posto che è molto frequente che si verifichino ritardi nel pagamento della retribuzione.

In base al contratto collettivo nazionale di categoria il termine per effettuare il pagamento della retribuzione dovuta è fissato fino al decimo giorno, o quinto a seconda della categoria di riferimento, del mese successivo (così la mensilità del mese di maggio deve essere corrisposta al massimo entro il 5 o il 10 giugno).

Cosa fare se il datore di lavoro non consegna la busta paga?

Al problema del mancato pagamento delle retribuzioni dovute, si può aggiungere un ulteriore problema per il lavoratore: la mancata consegna della busta paga.

La ritardata o mancata consegna del prospetto paga ad un dipendente, è considerato un illecito dall’ordinamento italiano, al pari dell’omissione o delle inesattezze contenute nel cedolino.


Per cui il datore di lavoro sarà soggetto a sanzioni amministrative pecuniarie, da un minimo di 150 euro a 900 euro. Nel caso in cui le omissioni siano effettuato per periodi protratti oltre i sei mesi e per più di cinque dipendenti, il valore della sanzione lievita ad un minimo di 600 euro e ad un massimo di 3.600 euro.

E ancora vi è da precisare che se la mancata consegna dura da un anno, per più di dieci lavoratori, la sanzione passa da un minimo di 1.200 euro ad un massimo di 7.200 euro. A vigilare sul rispetto della normativa appena descritta c’è come ci si poteva aspettare l’ispettorato del lavoro.

È opportuno sottolineare che non solo sono previste sanzioni al datore in caso di mancata consegna del cedolino, ma anche in caso di ritardata consegna.
In questo caso si applicano le sanzioni da un minimo di 150 € ad un massimo di 900 €.

Quanto tempo si ha per denunciare il datore di lavoro?

Per recuperare i crediti, il lavoratore deve necessariamente agire entro dei termini prestabiliti dalla legge.
Nello specifico il codice civile prevede che i termini di prescrizione dei crediti di lavoro avente natura retributiva sono:

  • 5 anni per le indennità di fine rapporto di lavoro;
  • 3 anni per gli elementi retributivi corrisposti a periodi superiori al mese;
  • 1 anno per gli elementi retributivi corrisposti a periodi inferiori al mese.

Nomos Law Firm si occupa quotidianamente della tutela dei diritti dei lavoratori, come testimoniato dalla sentenza allegata.

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