Di Nomos Law Firm
Oggi ci occuperemo di una tematica che affrontiamo frequentemente nel nostro Studio legale: quali diritti ha il lavoratore in caso di licenziamento dal proprio posto di lavoro?
Indice dei contenuti
Chi è stato licenziato ha diritto alla disoccupazione?
Nelle ipotesi di licenziamento il lavoratore ha diritto all’indennità di disoccupazione (NASPI), posto che essa viene riconosciuta in tutti i casi di perdita involontaria dell’occupazione.
Ne consegue, dunque, che l’interruzione del rapporto di lavoro determinata dalla volontà del datore di lavoro fa scattare il meccanismo indennitario.
Inoltre il lavoratore, fatto salvo per i casi di licenziamento per giusta causa, ha diritto anche alla indennità sostitutiva del preavviso.
Tale indennità è pari alla retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore per il periodo di lavoro intercorrente tra la data di ricevimento della comunicazione di licenziamento e l’ultimo giorno di lavoro, compresi i ratei di tredicesima e quattordicesima mensilità se prevista.
L’importo viene determinato in base alle previsioni del CCNL di categoria e dell’anzianità di servizio.
Eccezione alla regola per cui la NASPI viene riconosciuta solo nei casi perdita involontaria del posto di lavoro, quindi sostanzialmente in caso di intimazione del licenziamento, è rappresentata dall’ipotesi di dimissioni per giusta causa.
Si tratta dei casi nei quali il lavoratore, a causa del perdurante inadempimento del proprio datore di lavoro (ad esempio la mancata corresponsione della retribuzione dovuta), si trova costretto ad interrompere il rapporto di lavoro.
Dunque, anche in questi casi, ancorché il recesso dal contratto di lavoro non abbia il carattere della involontarietà, l’ordinamento giuslavoristico riconosce comunque in capo al lavoratore il diritto di percepire l’indennità di disoccupazione.
Cosa deve pagare il datore di lavoro in caso di licenziamento?
In caso di licenziamento è previsto in capo al datore di lavoro l’obbligo di pagamento del cosiddetto “ticket NASPI”, necessario per finanziare l’assegno mensile che l’INPS eroga in favore del lavoratore che ha perduto involontariamente la propria occupazione.
Esso deve essere versato dal datore di lavoro nei casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per le cause che darebbero diritto all’assegno di disoccupazione, indipendentemente dal requisito contributivo, compresi i rapporti di lavoro intermittente, le imprese cooperative e i loro consorzi che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici.
Il versamento è interamente a carico del datore di lavoro e deve essere eseguito in un’unica
soluzione entro e non oltre il termine di versamento della denuncia successiva a quella del mese in cui si verifica l’interruzione del rapporto di lavoro.
Vi è però da fare una precisazione: non sempre il ticket è dovuto dal datore di lavoro, in quanto la giurisprudenza recente ha imputato tale costo al lavoratore allorquando il licenziamento sia dovuto ad un grave comportamento di quest’ultimo.
Si fa riferimento a tutti quei casi nei quali il lavoratore per ottenere la NASPI decide volontariamente di non recarsi più sul posto di lavoro, determinando in tal modo il licenziamento per motivi disciplinari (l’assenza ingiustificata reiterata, infatti, dà luogo al licenziamento).
Orbene, in queste ipotesi, la giurisprudenza ha ritenuto di “sanzionare” la condotta del lavoratore, obbligandolo al pagamento del ticket NASPI in luogo del proprio datore di lavoro.
Ecco perché, dunque, in tali circostanze è consigliabile rivolgersi ad avvocati esperti del diritto del lavoro e della previdenza sociale.
Fatta questa doverosa precisazione, vediamo ora a quanto ammonta il predetto ticket, quanto cioè paga il datore di lavoro quando procede al licenziamento della propria risorsa aziendale.
Occorre distinguere due ipotesi:
- licenziamento individuale: 41% del massimale mensile Naspi, per ogni 12 mesi di anzianità aziendale posseduta dal lavoratore negli ultimi 3 anni. Tale somma va rideterminata in proporzione al numero di mesi lavorati (intesi come periodo di almeno 15 giorni) in caso di rapporti di lavoro inferiori a 12 mesi.
In relazione al 2023, il massimale è pari a 1.470,99 euro (nel 2022 era di 1.360,77 euro).
Secondo i criteri ridefiniti dalla circolare n. 137/2021 e per il massimale previsto dalla circolare n. 14/2023 (nel 2022 il riferimento era la circolare n.26/2022), il ticket di licenziamento ammonta a euro 603,11 (41% del massimale mensile di 1.470,99 euro) per ogni anno di servizio del lavoratore cessato, fino ad un massimo di euro 1.809,33.
Dunque, per calcolore l’importo che il datore di lavoro dovrà corrispondere per ogni lavoratore licenziato bisogna moltiplicare 603,11 per ogni anno in cui la risorsa è che stata “in forza”, sino a un massimo di 3 anni.
Il ticket risulta scollegato dall’importo della prestazione individuale e, conseguentemente, è dovuto in misura identica a prescindere dalla tipologia di lavoro a tempo pieno o parziale.
Dovendo il ticket essere calcolato in termini proporzionali rispetto ai mesi di anzianità aziendale, maturati dal dipendente nel limite massimo di 36 mesi, occorre quindi preliminarmente procedere alla determinazione dell’anzianità di servizio del lavoratore cessato.
- licenziamenti collettivi: essi sono intimati dai datori di lavoro assoggettati alla contribuzione di finanziamento della CIGS all’esito di procedure di licenziamento collettivo, avviate successivamente al 20.10.2017, l’aliquota è stata elevata all’82%. Invece, per i licenziamenti effettuati a seguito di procedure di licenziamento collettivo avviate entro il 20.10.2017 la quota è pari al 41%.
Quanti soldi prendi se vieni licenziato?
Innanzitutto occorre distinguere le diverse voci:
- NASPI: in caso di retribuzione uguale o inferiore a 1.352,19 €, l’importo della NASPI per il 2023 è pari al 75% della retribuzione media mensile imponibile ai fini previdenziali negli ultimi quattro anni di lavoro. Se, invece, la retribuzione media è superiore alla cifra di riferimento, l’ammontare della NASPI è pari al 75% dell’importo di riferimento più il 25% della differenza tra quest’ultima cifra e la retribuzione del lavoratore.
La formula usata per calcolare la NASPI parte dalla retribuzione media mensile del lavoratore, che si ottiene dividendo la retribuzione totale nei quattro anni di riferimento per il numero di settimane contributive valide per il calcolo dell’indennità. Se la retribuzione media mensile è inferiore a quella di riferimento, allora è sufficiente calcolare il 75% della cifra risultante, che coincide con l’importo NASPI spettante; se la retribuzione media è superiore a 1.352,19 euro, bisogna adeguare l’assegno di disoccupazione aggiungendo il 25% della differenza tra la retribuzione media del lavoratore e quella presa a riferimento dall’INPS.
- INDENNITA’ SOSTITUTIVA DEL PREAVVISO: deve essere calcolata sulla base della retribuzione normalmente spettante al lavoratore al momento in cui la parte decide di interrompere il rapporto di lavoro All’interno della retribuzione parametro devono essere computati le provvigioni, i premi di produzione, le partecipazioni agli utili, le indennità sostitutive di mensa e di alloggio e ogni altro compenso di carattere continuativo.
Al contrario, non devono essere considerati come elementi costitutivi della retribuzione i rimborsi spese.

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