Il risarcimento danni da responsabilità medica

Risarcimento danni da colpa medica

Il risarcimento danni da responsabilità medica è un tema di particolare rilevanza, sia per le ovvie conseguenze di natura personale che ne derivano, sia per l’entità dei danni.

Assai di frequente gli errori medici sono determinati dalle difficili condizioni in cui sono costretti ad operare i sanitari, stante la scarsità di risorse destinate alla sanità pubblica.

Tuttavia tale circostanza non può riverberarsi negativamente in danno dei pazienti, che possono infatti rivolgersi alla giustizia ordinaria al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti.

Occorre subito distinguere due tipologie di responsabilità (in capo alle strutture ospedaliere ed ai sanitari): 

Responsabilità penale: riguarda la commissione di un reato da parte del professionista sanitario. In questi casi, il professionista può essere sottoposto a un processo penale. Essa si configura quando il comportamento del medico costituisce una violazione delle leggi e dei regolamenti che disciplinano l’esercizio della professione medica, come l’omicidio colposo o lesioni personali colpose.

Responsabilità civile: ha ad oggetto la richiesta di risarcimento dei danni derivanti dall’inadempimento della prestazione medico-sanitaria. Essa si basa sulla violazione dell’obbligo di diligenza che incombe in capo ai professionisti sanitari.

Quali sono i danni risarcibili?

La galassia dei danni risarcibili si muove all’interno di due macro-aree: danno patrimoniale e danno non patrimoniale.

Il danno patrimoniale si riferisce alla sfera “economica” lesa in conseguenza del danno subito a causa dell’inadempimento della prestazione sanitaria. In questa categoria rientra senz’altro il danno da perdita della capacità lavorativa: trattasi della perdita di idoneità a produrre reddito causata dalla malpractice che determina la nascita dell’obbligazione risarcitoria in capo al danneggiato.

Per quantificarlo occorre fare riferimento al reddito percepito dal danneggiato al momento della verificazione dell’evento ovvero, in mancanza di reddito o di prova, dovrà essere impiegato il parametro del triplo della pensione sociale (oggi assegno sociale).

Relativamente al danno non patrimoniale, ferma restando la sua unitarietà, è possibile elencarne una serie di voci descrittive:

  • danno biologico: menomazione permanente e/o temporanea all’integrità psico-fisica della persona, comprensiva degli aspetti personali dinamico-relazionali, passibile di accertamento e di valutazione medico-legale ed indipendente da ogni riferimento alla capacita di produrre reddito;
  • danno esistenziale: è definibile come il danno arrecato all’esistenza, cioè quel danno che si traduce in un peggioramento della qualità della vita, pur non essendo inquadrabile nel danno alla salute. In linea generale si tratta di tutti quei danni che non possono essere considerati danni alla salute, perché non si traducono in una lesione psicofisica e tuttavia incidono su valori fondamentali dell’esistenza di un individuo;
  • danno da perdita del rapporto parentale: danno che va al di là del crudo dolore che la morte in sé di una persona cara, tanto più se preceduta da agonia, provoca nei prossimi congiunti che le sopravvivono, concretandosi esso nel vuoto costituito dal non potere più godere della presenza e del rapporto con chi è venuto meno e perciò nell’irrimediabile distruzione di un sistema di vita basato sull’affettività, sulla condivisione, sulla rassicurante quotidianità dei rapporti tra moglie e marito, tra madre e figlio, tra fratello e fratello, nel non poter più fare ciò che per anni si è fatto, nonché nell’alterazione che una scomparsa del genere inevitabilmente produce anche nelle relazioni tra i superstiti;
  • danno da lesione di un congiunto: è il danno subito dai congiunti, a causa delle lesioni riportate da un loro caro per fatto illecito altrui. Si configura nelle ipotesi in cui il congiunto non deceda a seguito dell’errore medico.

La quantificazione del danno non patrimoniale si effettua impiegando il sistema delle tabelle a punto, elaborate dai Tribunali di Milano e Roma. Si tratta sostanzialmente di un sistema che, sulla base di diversi parametri, assegna un punteggio cui viene associato un valore economico.

I parametri presi in considerazione sono i seguenti:

  • rapporto di parentela esistente tra la vittima ed il congiunto;
  • età del congiunto: il danno è tanto maggiore quanto minore è l’età del congiunto superstite;
  • età della vittima: anche in questo caso è ragionevole ritenere che il danno sia inversamente proporzionale all’età della vittima, in considerazione del progressivo avvicinarsi al naturale termine del ciclo della vita;
  • convivenza tra la vittima ed il congiunto superstite, dovendosi presumere che il danno sarà tanto maggiore quanto più costante e assidua è stata la frequentazione tra la vittima ed il superstite;
  • presenza all’interno del nucleo familiare di altri conviventi o di altri familiari non conviventi.

E’ possibile risarcire gli eredi per il danno da morte del proprio congiunto?

E’ senz’altro possibile.

Tale fonte di danno risponde all’esigenza di ristorare in termini patrimoniali l’enorme sofferenza patita dai superstiti a seguito della prematura scomparsa del congiunto vittima di errore medico.

A questo proposito giova precisare che secondo l’orientamento granitico e maggioritario della giurisprudenza di merito e di legittimità “nel caso di morte di un prossimo congiunto l’esistenza stessa del rapporto di parentela deve far presumere, secondo l’id quod plerumque accidit, la sofferenza del familiare superstite, giacché tale conseguenza è per comune esperienza, di norma, connaturale all’essere umano. Naturalmente si tratterà pur sempre di una praesumptio hominis, con la conseguente possibilità per il convenuto di dedurre e provare l’esistenza di circostanze concrete dimostrative dell’assenza di un legame affettivo tra la vittima ed il superstite” (Cass. Civ., Sez. III, 24/09/2019, n. 23632).

I danni subiti dagli eredi – fermo restando l’accertamento dei presupposti della responsabilità del sanitario o della struttura – possono essere di due tipi, iure proprio o iure hereditatis.

I danni subiti iure proprio consistono nei danni che incidono direttamente sulla sfera giuridica degli eredi, quali ad esempio:

  • danno patrimoniale: perdite delle utilità economiche elargite dal defunto al prossimo congiunto e delle quali beneficiava e avrebbe presumibilmente continuato a beneficiare in futuro;
  • Danno biologico: si configura nel caso in cui la perdita del congiunto abbia determinato nei familiari una lesione dell’integrità psicofisica;
  • Danno da perdita del rapporto parentale: il danno consistente nella perdita del rapporto con il congiunto vittima ed è finalizzato a ristorare economicamente la sua scomparsa.

I danni iure hereditatis sono invece quelli subiti da una persona in qualità di erede legittimo di un defunto, a causa di un’azione o omissione illecita di terzi. In altri termini, la morte del congiunto  determina il passaggio della posizione giuridica risarcitoria in capo agli eredi.

In via esemplificativa:

  • danno biologico terminale: postumi invalidanti che hanno caratterizzato la durata concreta del periodo di vita del danneggiato tra la fase della lesione e quella della morte. Tale posta di danno rientra nel danno da inabilità temporanea considerato nel massimo della sua entità e intensità. Condizione necessaria per la sua risarcibilità è che tra l’evento lesivo e la morte intercorra un considerevole lasso di tempo.
  • Danno da uccisione: il pregiudizio che la vittima, in lucida agonia, patisce nel periodo che intercorre tra la lesione e la morte, consistente nella percezione della sua imminente fine.

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